Ponte di Annibale

Il ponte di Annibale


Insieme al Ponte Vecchio e al Ponte Buriano, il ponte di di Annibale-Bruscheto è uno dei tre ponti sull’Arno di ricostruzione medievale rimasti ancora oggi. Annibale attraversò l’Arno in piena, quando Firenze ancora non c’era, in una zona chiamata Bruscheto, trovò ad aspettarlo un ponte rudimentale, più o meno dove poi è sorta  la cittadina di Incisa . Tito Livio racconta che il fiume si rivelò più efficace, contro i cartaginesi, delle legioni romane di Gaio Flaminio che lo stavano aspettando per la disastrosa battaglia del Trasimeno. L’Arno attaccò per quattro giorni e tre notti le schiere di Annibale che si stavano trasferendo dal Trebbia all’Etruria. Uccise uomini e cavalli. E lo stesso condottiero perse un occhio mentre arrancava in groppa all’unico elefante superstite.

Annibale passò di lì, come detto, restando gravemente mutilato, nella Marcia verso il Trasimeno. Manovra riuscita, nonostante le perdite dovute all’alluvione, considerato che poco dopo, nella battaglia sulle rive del lago, le legioni romane sarebbero state solennemente strabatutte.

Il passaggio del Generale dalle paludi valdarnesi è testimoniato così da Tito Livio: «Annibale, uscito dai quartieri d’inverno perché si diceva che il console Flaminio fosse già arrivato in Arezzo, prese la via più breve, attraverso paludi in cui l’Arno in quei giorni era più del solito dilagato».

Questo «ponte d’Annibale» ha un forte valore storico ma, se vogliamo, ce n’è uno tecnico tutt’altro che trascurabile. Perché il progettista medievale, tralasciando volutamente, o per necessità, i modelli della solenne imponenza del Ponte Buriano o dell’austera maestà del Ponte Vecchio, optò per un profilo minimalista, quello di un’opera che non pretende di opporsi fieramente all’ira del fiume, sfidandone virilmente la furia ad ogni piena ma saggiamente, il Ponte di Bruscheto si limita a farsi sommergere, senza troppe proteste, ogni volta che l’Arno reclama il pieno possesso del suo letto.

 Così, chinando il capo e scegliendo di non resistere, ha resistito per più di un migliaio d’anni, con le quattro campate un po’ sbocconcellate, delle quali una sola, forse per troppo ardire, è parzialmente crollata nel maledetto novembre 1966.


Sintesi tratta da un articolo di Sandro Benucci, La Nazione, del 09/07/08

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