Arno di Sonia Brogi

Ponte a Buriano (Il ponte prediletto da Leonardo da Vinci)

Gli “Annales Arretinorum Maiores” indicano nel 1277 l’anno di edificazione del Ponte a Buriano, anche se tutti gli storici sono concordi nel ritenere che l’attuale manufatto non sia il primo ponte ad unire le rive dell’Arno in questo punto. Pare, infatti, che la costruzione sia stata fondata sui pilastri di una precedente opera romana che, sebbene priva delle arcate originarie, per lunghi periodi avrebbe consentito il transito tra le due sponde, grazie ad una sovrastante struttura in legno. L'ipotesi di un attraversamento molto antico pare suffragata dal fatto che da qui passavano: l’antica strada etrusca che univa Arezzo a Fiesole, poi il percorso della Cassia Vetus che incrociava le strade per l’Adriatico, quindi il tracciato paleocristiano che collegava le importanti pievi del Valdarno Superiore, oltre al percorso tra Arezzo e Firenze.  In tempi più recenti, durante la seconda guerra mondiale, il ponte ha rischiato di saltare in aria. Completamente minato e pronto ad esplodere, fu provvidenzialmente salvato da un'incursione dell’esercito alleato che riuscì ad evitare l’innesco fatale. Ma la notorietà planetaria del Ponte a Buriano, dipende interamente dall’interesse che Leonardo da Vinci dimostrò per questo angolo della Terra di Arezzo. Una passione talmente intensa che da scientifica divenne artistica, tanto che il paesaggio dei calanchi del Valdarno Superiore, con la rappresetazione virtuale dell’Arno e del Ponte a Buriano, entro' a far parte dello sfondo del quadro più famoso del mondo “La Gioconda” di Leonardo da Vinci. Gli sfondi dei dipinti che Leonardo da Vinci realizzava in quel periodo (oltre che nella “Gioconda” paesaggio e ponte sono presenti anche nella “Madonna dei fusi”) non sono la rappresentazione di una realtà oggettiva, ma la sintesi visiva di un territorio più ampio. Leonardo pone, alle spalle dei soggetti principali, la piana dell’Arno con il Ponte a Buriano, mentre in lontananza, sullo sfondo, colloca le suggestive formazioni dei calanchi valdarnesi.

(Mario Rosseti)

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