Po di Emanuela Negri

Il Po, l’antico Eridano, dove Fetonte cadde nella sua folle corsa sul carro del Sole, il “re dei fiumi” secondo Virgilio, paradossalmente chiamato con il nome più corto che si possa inventare, è il più lungo fiume d’Italia. Lungo i 652 chilometri del suo corso, attraversa ben quattro regioni, solcando tutta la pianura padana e collegando le Alpi all’Adriatico: impetuoso e cristallino sgorga all’altezza di 1952 metri alle pendici del Monviso, imponente piramide di granito che ne conta 3840. Nel breve tratto montano –circa 34 chilometri –il Po compie un salto di quota di circa 1600 metri, da impetuoso e cristallino cambia aspetto e placido e ampio bagna le risaie vercellesi prima e la pianura del Polesine poi, passando per castelli e i borghi del Pavese  e del Lodigiano, la fertile pianura emiliana, fino a distendersi nel ventaglio del Delta e con le sue cinque bocche: Po della Maestra, Po della Pila, Po di Tolle, Po della Gnocca, Po di Goro, entra  e si confonde nelle acque del mare Adriatico. Il Po ci riguarda da vicino e più di quanto si pensi. Basta confrontare qualche dato. Il 40% della ricchezza del nostro paese (PIL) si produce nel bacino del Po. La sua acqua è parte di questa ricchezza. Vi sono ubicati 3200 comuni e 15.764.000 persone, il suo bacino idrografico di circa 71.000 chilometri quadrati tocca otto regioni e i lembi di due nazioni: Svizzera e Francia. Le sue acque diventano un’enorme risorsa, insostituibile sia per gli usi agricoli sia per quelli industriali. Nel suo territorio sono attive 285 centrali elettriche, di cui 272 idroelettriche, le sue acque vengono prelevate per le campagne, sabbia e ghiaia per strade e case. Il fiume è anche un’oasi di vita per centinaia di specie vegetali e animali stanziali e di passo.Facile intuire come sia indispensabile preservare questo patrimonio naturale, storico, civile e sociale minacciato troppo spesso dall’incuria o dallo sfruttamento.

Il Po a Torino (n°1). Torino è la sola grande città attraversata dal Po e qui la capitale sabauda mostra la sua veste elegante della città borghese. Basta osservare la maestosa Gran Madre, il Monte dei Cappuccini (n°5), la Mole Antonelliana (n°2) e la Basilica di Superga dall’alto della collina (n°4). A Torino poi, il fiume si scopre palestra del tempo libero (n°8). A metà Ottocento nacquero le prime società remiere dai nomi anche vagamente mitologici come Esperia, Cerea, Armida. Nel periodo preindustriale, prima dell’800, lungo le sue sponde erano ormeggiati molti mulini fluviali su pontoni galleggianti. Ci sono sei ponti in città, ponte Balbis, il ponte dedicato alla Principessa Isabella (n°3) e quello dedicato a Umberto I, il ponte Regina Margherita (n°7), il ponte Sassi,  il più singolare è quello dedicato a Vittorio Emanuele I (n°6), per secoli l’unico ponte sul Po della città: sotto il pilastro centrale -si dice- è nascosto un tesoro in medaglie e monete antiche. Il grande fiume prosegue il suo corso, da giovane diventa adulto, grazie alla linfa vitale degli affluenti, il connubio con la Dora Riparia con le sue acque della Val di Susa e della Stura di Lanzo forma agli occhi degli uccelli migratori un invitante specchio d’acqua ideale per sostare e rifocillarsi prima della grande destinazione, il sito è stato fortunatamente eletto a riserva naturale speciale.La sua corsa continua, entra nella pianura e si suddivide nei riquadri delle risaie del Vercellese e della Lomellina ma Torino e il suo mondo metropolitano è già lontano… 

(Rif. Bibl. Testo liberamente tratto da Il Po dalla sorgente al delta Touring Club Italiano e dal web)

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